La costa ionica dell’Italia meridionale
e il Magna Grecia Park

L’idea di realizzare un investimento di grande portata nasce dal presupposto che la costa Ionica ha necessità di essere rilanciata da un programma di ampie dimensioni che, attraverso la valorizzazione del patrimonio storico-culturale, punti a risolvere il problema atavico dello sviluppo economico di un territorio rilegato agli ultimi posti delle classifiche europee.
Non micro-progetti disarticolati e inefficaci, ma un unico disegno economico e sociale nel settore turistico, che funga da traino per l’intero territorio e per tutti i comparti economici e sociali.

La costa Ionica vive ormai da molti anni una situazione di grave crisi occupazionale che non può più essere considerata episodica e di breve durata ma drammaticamente profonda e strutturale.
Dopo la dismissione delle industrie chimiche e metallurgiche, che avevano assicurato decenni di prosperità economica, i progetti di reindustrializzazione messi in campo sul territorio non hanno realizzato il nuovo modello di sviluppo che avrebbe dovuto basarsi prevalentemente sul consolidamento e sulla crescita del settore manifatturiero. A nostro parere, il fallimento è da ascriversi al fatto che i finanziamenti canalizzati sul territorio (Sovvenzione Globale, Contratto d’Area, etc.), seppur cospicui, hanno facilitato la fase di realizzazione degli investimenti produttivi, ma nella successiva e decisiva fase di start-up e di gestione non hanno annullato il deficit di competitività con le aree italiane più sviluppate.

In sostanza, da un lato le nuove aziende, operando in un’area molto arretrata sia dal punto di vista infrastrutturale che dei servizi, ma che allo stesso tempo presenta i vincoli e i costi propri dell’economia europea, non sono riuscite ad andare oltre il mercato locale, molto limitato in termini di domanda complessiva di beni e servizi, e a competere in un mercato globale caratterizzato da costi minori di trasporto e di manodopera nonché da un’ottimale organizzazione dei fattori produttivi grazie alla presenza di distretti e filiere; dall’altro lato le piccole aziende già operanti sul territorio, pur beneficiando di incentivi che spesso ne hanno consentito l’ampliamento e l’ammodernamento, laddove sono riuscite a sopravvivere, riescono a fatica a salvaguardare il proprio equilibrio economico e finanziario in quanto strutturate essenzialmente per soddisfare la limitata domanda locale o regionale.

Il mercato locale, dunque, non è in grado di autoalimentarsi, e ciò principalmente per una questione di numeri: pochi abitanti e un reddito medio molto basso, con conseguenti atteggiamenti poco propensi al consumo.
Risulta quindi necessario mettere in atto una politica strategica di sviluppo seria e congruente con le peculiarità territoriali, che abbia impatti sostenibili e consistenti sul sistema socio-economico locale e regionale e che affronti in maniera organica e non episodica, in un’ottica di medio-lungo termine, le tematiche chiave per il rilancio di una intera popolazione.

Visti gli errori del passato, l’unica plausibile prospettiva di sviluppo del territorio consiste nel cercare di incrementare la domanda globale di beni e servizi attraendo nuovi potenziali consumatori. Da qui il concetto di considerare un progetto di dimensioni e peculiarità uniche che funga da attrattore di grandi flussi turistici in un territorio difficilmente raggiungibile da milioni di visitatori, se non per una motivazione eccezionale!